Dopo le nostre pagelle, ecco un secondo punto di vista sulla prima puntata del Festival di Sanremo 2015. Una recensione satirica scritta dal nostro admin Matt.
Sanremo si guarda solo per criticarlo. O almeno, io lo faccio per questo. Quest'anno poi, con Carlo Conti alla conduzione, non mi aspettavo nulla se non il tripudio del trash made in Italy. Le mie aspettative non sono state tradite. Purtroppo. Che palle avere ragione, che palle!
Un apertura sciatta e di scarso impatto; un palco spoglio e al contempo pacchiano ( solo Conti può riuscire in una tale impresa); una conduzione al limite dell'irrisorio.
Questo è Sanremo 2015. Ed è appena iniziato.
Metà dello show è incentrato su Carlo Conti, il bell' abbronzato a febbraio, che tenta di essere simpatico, senza grande successo. L'altra metà è divisa tra picchi di cafonaggine senza precedenti, vedi Albano e Romina, direttamente dalle steppe del Caucaso con amore, e l'incompetenza delle vallette:
Emma non è in grado di leggere nemmeno un bigliettino scritto in stampatello; Arisa rende onore al suo cognome ( pippa ); la spagnola sbucata dal nulla ha di buono solo il compagno. E le sue battute non sono degne di commento.
Per la musica non c'è molto spazio. E forse, meglio così, se il livello è questo. Da una parte, l'evergreen della musica italiana che, cazzo, prima o poi dovrà appassire: Grignani, con un pezzo in lingua padana, Lara Fabian, coi suoi gorgheggi d'altri tempi... e un pezzo direttamente dal secolo scorso, Nek e la sua dance senza synth. Dall'altra, gli amati dai giovani i Dear Jack con delle schitarrate da sfintere anale e Annalisa che... ma chi è? Comunque, non perdiamo tempo in chiacchiere, entriamo nel dettaglio:
Chiara - Straordinario: non lasciamoci ingannare dal titolo, questo pezzo di straordinario non ha nulla. Banale fino al midollo, nella struttura musicale come nel testo. La tipica ballad sanremese, molto fumo e niente arrosto. Buona interpretazione, ma non basta; bel vestito, ma Dio bono, quel colore come l'hanno ottenuto? Spremendo Titti?
VOTO 5
Gianluca Grignani - Sogni d'infranti: ma non era dietro le sbarre? Chi ha pagato la cauzione? Scherzi a parte, titolo bimbominchioso pseudo - poetico a parte, e anche pezzo di disarmante piattume cantato in neopadano a parte, insomma, tolto tutto, rimane lui che è sempre un bel vedere, ma...
VOTO 5,5
Alex Britti - Un attimo importante: il Britti romanticone dei bei tempi andati e abbronzato come il Carlone nazionale funziona, funziona proprio. Gli accordi sono sempre quelli eh, cascasse il mondo, ma il pezzo è radiofonico quanto basta, senza risultare sgradevole. Non brilla per originalità, figuriamoci, ma raggiunge ampiamente la sufficienza.
VOTO 6,5
Malika Ayane - Adesso è qui: Pezzo di gran classe per un'interprete di straordinaria eleganza; un testo scaturito dalla penna di Pacifico, cantato con superba delicatezza. Decisamente promosso.
VOTO 7+
Dear Jack - Il mondo esplode tranne noi: se il prezzo da pagare per non sentirvi più è l'esplosione del nostro bel pianeta, allora ben venga! A costo di ritrovarmi schiere di quindicenni in piena tempesta ormonale sotto casa che mi minacciano di morte, devo proprio dire che questo pezzo è orrendo. Il vero problema è che con grande probabilità vincerà.
VOTO 3
Lara Fabian - Voce: ecco Celine Dion... in ritardo di vent'anni. Il titolo chiarisce il perchè del brano: solo voce, non c'è null'altro. Il testo rispolvera metafore che dovrebbero ormai essere proibite per legge; la struttura musicale è piatta, priva di carica emotiva.
VOTO 4
Nek - Fatti avanti amor: assente dal palco dell'Ariston da bene ventidue anni, mi chiedo perchè non sia rimasto a casa anche quest'anno. Cioè, faceva più bella figura: si è presentato con un pezzo pseudodance senza un dannato synth; si è presentato con un brano di svolta, che è uguale a tutte le sue canzoni. Gli do cinque solo perchè si mantiene bene nonostante l'eta. Dimenticavo: impossibile non citare una frase del testo: " Abbiamo gambe per fare passi". Be', fate largo che arriva il poeta.
VOTO 5
Grazia di Michele e Mauro Carrozzi: dunque, aspettavo questo momento con i pop corn in una mano e penna nell'altra, pronto a dissacrare ogni secondo dell'esibizione che, credevo, sarebbe stato l'apice del trash. Piacevole invece sapere di aver sbagliato, almeno stavolta: l'esperienza cantautoriale della di Michele si unisce all'esperienza di vita di Carrozzi per dar vita ad un brano di vibrante intensità. La scelta del lessico nel brano rivela grande ricercatezza, e la sonorità jazz dona luminosità.
Un tema così delicato come l'identità sessuale viene narrato con sentimento, senza cadere nel patetico, con sensibilità ma senza risultare buonista.
Il miglior brano della serata, che, manco a dirlo, è già a rischio eliminazione.
VOTO 7,5
Annalisa - Una finestra tra le stelle: Qui ci ha mezzo lo zampino ( anzi, lo zampone) quel furbastro di Kekko, il leader dei Modà. Lo si capisce per la struttura melodica del pezzo, sulla quale ci si potrebbe cantare l'intera discografia del gruppo, e per le metafore insensate e originali come un paio di blue jeans. Buona l'interpretazione, certo, ma niente di più.
VOTO 4,5
Nesli - Buona fortuna amore: per l'occasione, Nesli ha deciso di spogliarsi degli eccessi lessicali dei suoi testi in rima e abbracciare il romanticismo sanremese, e devo dire, con un certo savoir faire. Non si distingue dalla massa, ma ne esce meglio di molti altri.
VOTO 6-
I momenti trash sono stati il fulcro di questa prima puntata: in primis, la famiglia più numerosa di Italia, trampolino di lancio per un messaggio d'indottrinamento religioso senza precedenti. Dopotutto, presidente del consiglio democristiano, presidente della Repubblica democristiano, perchè non anche Sanremo? Certo, va ammesso che le risposte del pater familae sono state talmente mistiche da far abdicare persino il Papa, roba del tipo " I quindici figli sono frutto dello spirito santo" e inizi a chiederti se magari il buon uomo non sia solo cornuto. La famigliola si è vistosamente divertita a giocare il ruolo della famiglia perfetta, in cui tutti si amano e si vogliono bene. Squallido.
Il secondo apice è stato raggiunto con Albano e Romina, trascinati sul palco di Saremo per la gioia di tutte le vecchiettine nostalgiche.
Forse l'Italia si sentiva trascurata dalla loro decisione di ripresentarsi insieme in Russia e non in patria. Sicuramente, io ero felice così: più sono i punti di distanza con "l'umana" Russia, e meglio mi sento. Ma ecco, gli italiani li han chiamati a gran voce e loro son tornati sul palco che li ha visti vincitori: una tortura, una vera tortura. Hanno riesumato i loro maggior successi, vere hit nelle sagre di paese dove gli anziani ballano il liscio e evergreen eterni delle sigle di pomeriggio cinque. Poi, senza farsi pregare un attimo, l'Albanone nazionale si è gettato in un esibizione solista, giusto teatrino per i suoi virtuosismi fini a se stessi. Non esiste voce più inutile di quella d'Albano: un ibrido incerto tra impostazione lirica e canto leggero, senza essere di fatto nessuno delle due. Più anacronistico di un capo dello Stato democristiano. Ah già, dimenticavo...
Insomma, il loro ritorno ha sicuramente centrato l'obbiettivo: gli ascolti. Stando agli ultimi dati, si registra uno share del 56%. Certo, se la Power avesse evitato di inserire commenti da Frichettona conversatrice ogni tre per due e si fosse impegnata un minimo a parlare l'italiano, sarebbe stato forse più sopportabile. O forse no.
Il secondo ospite della serata, Tiziano Ferro, ha regalato un momento di tenero sentimentalismo sanremese danneggiato dalla falsità delle movenze sul palco e da un completo stretto come le viuzze di Assisi; invece gli ospiti finali, gli Imagine Dragons sono stati la sorpresa più piacevole della serata. Hanno riproposto Demons, successo dell'anno scorso, in chiave orchestrale e poi il nuovo singolo dal sapore country, I Bet My Life.
Siamo ben lontani dall'eleganza del festival di Fazio ( 2013, ovviamente ) ma ecco, anche Carlo Conti ha saputo giocare i suoi assi: gli ospiti, con la doverosa eccezione della propaganda religiosa della superfamiglia, sono stati in grado di colpire ogni fascia del pubblico: i giovani, con gli imagine dragons; i trenta/quarantenni, con Ferro; e i vivi per miracolo con Albano e Romina.
D'altro canto, va detto che mai più di ora Sanremo si mostra in perfetta linea col governo, rivelando un gattopardismo alienante in ogni sua componente confezionato in un grondante populismo Kitsh.
In conclusione, il perfetto Sanremo per l'italiano medio, niente di più, niente di meno.
SECONDA SERATA
Un breve commento alla seconda serata di Sanremo:
#SanRemo2015
Nina Zilli - Sola: non certo un pezzo superlativo, ma decisamente superiore alla media. Un blues sporco che strizza l'occhio al repertorio di Nina Simone, ma non spicca il volo come dovrebbe.
VOTO 6,5
Marco Masini - Che giorno è: gettato nello scantinato dei vecchi ricordi, risbuca fuori dalla tana del coniglio, invecchiato di dieci lustri , con un comeback pulito e da tormentone radiofonico.
Funziona bene.
VOTO 6,5
Anna Tatangelo - Libera: La muchacha troppo "secsi" si getta di nuovo nella kermesse musicale. Da un ponte mai eh...
Anche qui, tra le quattro note e le due metafore per niente banali, fa capolino il capoccione di Kekko dei Modà.
Nemmeno troppo malvagio, ma santo cielo che monotonia...
Ultimo appunto: Look niente male per la Tatangelo. La ringiovanisce di molto. Ora sì che sembra una quarantenne.
VOTO 5+
Raf - Come una favola: Esattamente come Nek, non calcava il palco dell'Ariston dal suo debutto. Ed esattamente come Nek, poteva tranquillamente restare a casa.
Una mesta pappetta melodica senza arte nè parte.
VOTO 4
Il Volo - Grande Amore: Il trio lirico tanto declamato dalla stampa, presentano un pezzo che più paraculo non si può.
Canzone assolutamente sanremese, con ritornello killer grondante di patetico sentimentalismo, cantata da tre voci liriche. Le giacche di pelle? Totalmente random.
Vincitori assicurati, ma il pezzo lascia parecchio desiderare...
VOTO 5,5
Irene Grandi - Un vento senza nome: toltasi le vesti da rocker, Irene Grandi porta sul palco il brano della sua maturità, finalmente.
La somiglianza con Simona Ventura le gioca contro, purtroppo, ma il pezzo merita. Se la batte con Malika in quanto a classe. Forse un po' lentino... ma la qualità compensa.
VOTO 7+
Lorenzo Fragola - Siamo uguali: Il vincitore di X factor col faccino da mangusta felice, viene catapultato sul grande palco quasi per magia.
Qualche problemino d'intonazione iniziale, poi, rotto il ghiaccio, ha dimostrato di sapersela cavare.
Il pezzo c'è: radiofonico fino al midollo ma meno paragnosta del previsto, e piuttosto sincero.
VOTO 6,5
Biggio e Mandelli - Vita d'inferno: presentato da un'Emma Marrone che non perde mai occasione di mostrare la propria insolenza, il duo comico intrattiene il pubblico con una scoppiettante canzone da cabaret.
Il paragone con Elio&co del 2013 nasce spontaneo, ma è improprio: mancano le capacità tecniche e la sottigliezza della satira.
Ciò a parte, pezzo promosso.
VOTO 7--
Bianca Atzei - Il solo al mondo: l'Atzei è talmente big da non avere nemmeno un pagina Wikipedia. Eh già.
La mancata arditezza nel generare figure retoriche e la somiglianza impressionante con Arriverà non sono un caso: anche qui, il gettonatissimo Kekko. Sempre lui.
Orecchiabile sì, ma tremendo.
VOTO 5
Moreno - Oggi ti parlo così: no. Pulito e semplice. NO.
VOTO 1
Nel complesso, la serata è andata avanti con i suoi alti e bassi.
Apprezzabile la sfrontatezza di Conti nell'invitare Conchita Wurst dopo la famiglia Cristiana devota di Dio. Ma ovviamente, la solita paraculata.
Charlize theron, bella come dieci soli al tramonto ( sì, metafora consiglia da Kekko). La cosa strana: tra lei e Carlo Conti, l'africana era lei.
Il tizio mai sentito a fine serata è stato utile come un due di bastoni a briscola quando regna coppe.
Delle "vallette" ( detesto questo termine, sessista come niente) si salva solo Arisa:
Marrone è un chiodo nelle tempie; Rocio, bah, almeno ci prova ma le sue battute... più devastanti di quattro ere glaciali.
Antonacci: le sue canzoni, in che lingua sono scritte? Semplice curiosità
Matteo Zandri, con la gentile collaborazione di Edoardo Bianchini e Ylenia Ippolito.
Sanremo si guarda solo per criticarlo. O almeno, io lo faccio per questo. Quest'anno poi, con Carlo Conti alla conduzione, non mi aspettavo nulla se non il tripudio del trash made in Italy. Le mie aspettative non sono state tradite. Purtroppo. Che palle avere ragione, che palle!
Un apertura sciatta e di scarso impatto; un palco spoglio e al contempo pacchiano ( solo Conti può riuscire in una tale impresa); una conduzione al limite dell'irrisorio.
Questo è Sanremo 2015. Ed è appena iniziato.
Metà dello show è incentrato su Carlo Conti, il bell' abbronzato a febbraio, che tenta di essere simpatico, senza grande successo. L'altra metà è divisa tra picchi di cafonaggine senza precedenti, vedi Albano e Romina, direttamente dalle steppe del Caucaso con amore, e l'incompetenza delle vallette:
Emma non è in grado di leggere nemmeno un bigliettino scritto in stampatello; Arisa rende onore al suo cognome ( pippa ); la spagnola sbucata dal nulla ha di buono solo il compagno. E le sue battute non sono degne di commento.
Per la musica non c'è molto spazio. E forse, meglio così, se il livello è questo. Da una parte, l'evergreen della musica italiana che, cazzo, prima o poi dovrà appassire: Grignani, con un pezzo in lingua padana, Lara Fabian, coi suoi gorgheggi d'altri tempi... e un pezzo direttamente dal secolo scorso, Nek e la sua dance senza synth. Dall'altra, gli amati dai giovani i Dear Jack con delle schitarrate da sfintere anale e Annalisa che... ma chi è? Comunque, non perdiamo tempo in chiacchiere, entriamo nel dettaglio:
Chiara - Straordinario: non lasciamoci ingannare dal titolo, questo pezzo di straordinario non ha nulla. Banale fino al midollo, nella struttura musicale come nel testo. La tipica ballad sanremese, molto fumo e niente arrosto. Buona interpretazione, ma non basta; bel vestito, ma Dio bono, quel colore come l'hanno ottenuto? Spremendo Titti?
VOTO 5
Gianluca Grignani - Sogni d'infranti: ma non era dietro le sbarre? Chi ha pagato la cauzione? Scherzi a parte, titolo bimbominchioso pseudo - poetico a parte, e anche pezzo di disarmante piattume cantato in neopadano a parte, insomma, tolto tutto, rimane lui che è sempre un bel vedere, ma...
VOTO 5,5
Alex Britti - Un attimo importante: il Britti romanticone dei bei tempi andati e abbronzato come il Carlone nazionale funziona, funziona proprio. Gli accordi sono sempre quelli eh, cascasse il mondo, ma il pezzo è radiofonico quanto basta, senza risultare sgradevole. Non brilla per originalità, figuriamoci, ma raggiunge ampiamente la sufficienza.
VOTO 6,5
Malika Ayane - Adesso è qui: Pezzo di gran classe per un'interprete di straordinaria eleganza; un testo scaturito dalla penna di Pacifico, cantato con superba delicatezza. Decisamente promosso.
VOTO 7+
Dear Jack - Il mondo esplode tranne noi: se il prezzo da pagare per non sentirvi più è l'esplosione del nostro bel pianeta, allora ben venga! A costo di ritrovarmi schiere di quindicenni in piena tempesta ormonale sotto casa che mi minacciano di morte, devo proprio dire che questo pezzo è orrendo. Il vero problema è che con grande probabilità vincerà.
VOTO 3
Lara Fabian - Voce: ecco Celine Dion... in ritardo di vent'anni. Il titolo chiarisce il perchè del brano: solo voce, non c'è null'altro. Il testo rispolvera metafore che dovrebbero ormai essere proibite per legge; la struttura musicale è piatta, priva di carica emotiva.
VOTO 4
Nek - Fatti avanti amor: assente dal palco dell'Ariston da bene ventidue anni, mi chiedo perchè non sia rimasto a casa anche quest'anno. Cioè, faceva più bella figura: si è presentato con un pezzo pseudodance senza un dannato synth; si è presentato con un brano di svolta, che è uguale a tutte le sue canzoni. Gli do cinque solo perchè si mantiene bene nonostante l'eta. Dimenticavo: impossibile non citare una frase del testo: " Abbiamo gambe per fare passi". Be', fate largo che arriva il poeta.
VOTO 5
Grazia di Michele e Mauro Carrozzi: dunque, aspettavo questo momento con i pop corn in una mano e penna nell'altra, pronto a dissacrare ogni secondo dell'esibizione che, credevo, sarebbe stato l'apice del trash. Piacevole invece sapere di aver sbagliato, almeno stavolta: l'esperienza cantautoriale della di Michele si unisce all'esperienza di vita di Carrozzi per dar vita ad un brano di vibrante intensità. La scelta del lessico nel brano rivela grande ricercatezza, e la sonorità jazz dona luminosità.
Un tema così delicato come l'identità sessuale viene narrato con sentimento, senza cadere nel patetico, con sensibilità ma senza risultare buonista.
Il miglior brano della serata, che, manco a dirlo, è già a rischio eliminazione.
VOTO 7,5
Annalisa - Una finestra tra le stelle: Qui ci ha mezzo lo zampino ( anzi, lo zampone) quel furbastro di Kekko, il leader dei Modà. Lo si capisce per la struttura melodica del pezzo, sulla quale ci si potrebbe cantare l'intera discografia del gruppo, e per le metafore insensate e originali come un paio di blue jeans. Buona l'interpretazione, certo, ma niente di più.
VOTO 4,5
Nesli - Buona fortuna amore: per l'occasione, Nesli ha deciso di spogliarsi degli eccessi lessicali dei suoi testi in rima e abbracciare il romanticismo sanremese, e devo dire, con un certo savoir faire. Non si distingue dalla massa, ma ne esce meglio di molti altri.
VOTO 6-
I momenti trash sono stati il fulcro di questa prima puntata: in primis, la famiglia più numerosa di Italia, trampolino di lancio per un messaggio d'indottrinamento religioso senza precedenti. Dopotutto, presidente del consiglio democristiano, presidente della Repubblica democristiano, perchè non anche Sanremo? Certo, va ammesso che le risposte del pater familae sono state talmente mistiche da far abdicare persino il Papa, roba del tipo " I quindici figli sono frutto dello spirito santo" e inizi a chiederti se magari il buon uomo non sia solo cornuto. La famigliola si è vistosamente divertita a giocare il ruolo della famiglia perfetta, in cui tutti si amano e si vogliono bene. Squallido.
Il secondo apice è stato raggiunto con Albano e Romina, trascinati sul palco di Saremo per la gioia di tutte le vecchiettine nostalgiche.
Forse l'Italia si sentiva trascurata dalla loro decisione di ripresentarsi insieme in Russia e non in patria. Sicuramente, io ero felice così: più sono i punti di distanza con "l'umana" Russia, e meglio mi sento. Ma ecco, gli italiani li han chiamati a gran voce e loro son tornati sul palco che li ha visti vincitori: una tortura, una vera tortura. Hanno riesumato i loro maggior successi, vere hit nelle sagre di paese dove gli anziani ballano il liscio e evergreen eterni delle sigle di pomeriggio cinque. Poi, senza farsi pregare un attimo, l'Albanone nazionale si è gettato in un esibizione solista, giusto teatrino per i suoi virtuosismi fini a se stessi. Non esiste voce più inutile di quella d'Albano: un ibrido incerto tra impostazione lirica e canto leggero, senza essere di fatto nessuno delle due. Più anacronistico di un capo dello Stato democristiano. Ah già, dimenticavo...
Insomma, il loro ritorno ha sicuramente centrato l'obbiettivo: gli ascolti. Stando agli ultimi dati, si registra uno share del 56%. Certo, se la Power avesse evitato di inserire commenti da Frichettona conversatrice ogni tre per due e si fosse impegnata un minimo a parlare l'italiano, sarebbe stato forse più sopportabile. O forse no.
Il secondo ospite della serata, Tiziano Ferro, ha regalato un momento di tenero sentimentalismo sanremese danneggiato dalla falsità delle movenze sul palco e da un completo stretto come le viuzze di Assisi; invece gli ospiti finali, gli Imagine Dragons sono stati la sorpresa più piacevole della serata. Hanno riproposto Demons, successo dell'anno scorso, in chiave orchestrale e poi il nuovo singolo dal sapore country, I Bet My Life.
Siamo ben lontani dall'eleganza del festival di Fazio ( 2013, ovviamente ) ma ecco, anche Carlo Conti ha saputo giocare i suoi assi: gli ospiti, con la doverosa eccezione della propaganda religiosa della superfamiglia, sono stati in grado di colpire ogni fascia del pubblico: i giovani, con gli imagine dragons; i trenta/quarantenni, con Ferro; e i vivi per miracolo con Albano e Romina.
D'altro canto, va detto che mai più di ora Sanremo si mostra in perfetta linea col governo, rivelando un gattopardismo alienante in ogni sua componente confezionato in un grondante populismo Kitsh.
In conclusione, il perfetto Sanremo per l'italiano medio, niente di più, niente di meno.
SECONDA SERATA
Un breve commento alla seconda serata di Sanremo:
#SanRemo2015
Nina Zilli - Sola: non certo un pezzo superlativo, ma decisamente superiore alla media. Un blues sporco che strizza l'occhio al repertorio di Nina Simone, ma non spicca il volo come dovrebbe.
VOTO 6,5
Marco Masini - Che giorno è: gettato nello scantinato dei vecchi ricordi, risbuca fuori dalla tana del coniglio, invecchiato di dieci lustri , con un comeback pulito e da tormentone radiofonico.
Funziona bene.
VOTO 6,5
Anna Tatangelo - Libera: La muchacha troppo "secsi" si getta di nuovo nella kermesse musicale. Da un ponte mai eh...
Anche qui, tra le quattro note e le due metafore per niente banali, fa capolino il capoccione di Kekko dei Modà.
Nemmeno troppo malvagio, ma santo cielo che monotonia...
Ultimo appunto: Look niente male per la Tatangelo. La ringiovanisce di molto. Ora sì che sembra una quarantenne.
VOTO 5+
Raf - Come una favola: Esattamente come Nek, non calcava il palco dell'Ariston dal suo debutto. Ed esattamente come Nek, poteva tranquillamente restare a casa.
Una mesta pappetta melodica senza arte nè parte.
VOTO 4
Il Volo - Grande Amore: Il trio lirico tanto declamato dalla stampa, presentano un pezzo che più paraculo non si può.
Canzone assolutamente sanremese, con ritornello killer grondante di patetico sentimentalismo, cantata da tre voci liriche. Le giacche di pelle? Totalmente random.
Vincitori assicurati, ma il pezzo lascia parecchio desiderare...
VOTO 5,5
Irene Grandi - Un vento senza nome: toltasi le vesti da rocker, Irene Grandi porta sul palco il brano della sua maturità, finalmente.
La somiglianza con Simona Ventura le gioca contro, purtroppo, ma il pezzo merita. Se la batte con Malika in quanto a classe. Forse un po' lentino... ma la qualità compensa.
VOTO 7+
Lorenzo Fragola - Siamo uguali: Il vincitore di X factor col faccino da mangusta felice, viene catapultato sul grande palco quasi per magia.
Qualche problemino d'intonazione iniziale, poi, rotto il ghiaccio, ha dimostrato di sapersela cavare.
Il pezzo c'è: radiofonico fino al midollo ma meno paragnosta del previsto, e piuttosto sincero.
VOTO 6,5
Biggio e Mandelli - Vita d'inferno: presentato da un'Emma Marrone che non perde mai occasione di mostrare la propria insolenza, il duo comico intrattiene il pubblico con una scoppiettante canzone da cabaret.
Il paragone con Elio&co del 2013 nasce spontaneo, ma è improprio: mancano le capacità tecniche e la sottigliezza della satira.
Ciò a parte, pezzo promosso.
VOTO 7--
Bianca Atzei - Il solo al mondo: l'Atzei è talmente big da non avere nemmeno un pagina Wikipedia. Eh già.
La mancata arditezza nel generare figure retoriche e la somiglianza impressionante con Arriverà non sono un caso: anche qui, il gettonatissimo Kekko. Sempre lui.
Orecchiabile sì, ma tremendo.
VOTO 5
Moreno - Oggi ti parlo così: no. Pulito e semplice. NO.
VOTO 1
Nel complesso, la serata è andata avanti con i suoi alti e bassi.
Apprezzabile la sfrontatezza di Conti nell'invitare Conchita Wurst dopo la famiglia Cristiana devota di Dio. Ma ovviamente, la solita paraculata.
Charlize theron, bella come dieci soli al tramonto ( sì, metafora consiglia da Kekko). La cosa strana: tra lei e Carlo Conti, l'africana era lei.
Il tizio mai sentito a fine serata è stato utile come un due di bastoni a briscola quando regna coppe.
Delle "vallette" ( detesto questo termine, sessista come niente) si salva solo Arisa:
Marrone è un chiodo nelle tempie; Rocio, bah, almeno ci prova ma le sue battute... più devastanti di quattro ere glaciali.
Antonacci: le sue canzoni, in che lingua sono scritte? Semplice curiosità
Matteo Zandri, con la gentile collaborazione di Edoardo Bianchini e Ylenia Ippolito.
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